martedì 2 marzo 2021

Briseide e l'ira di Achille

"L'ira di Achille", dipinto di Jacques-Louis David


La bella Ippodamia, dal patronimico di Briseide, era nativa di Limesso, una città dell'Asia Minore nell'ottica troiana. Figlia di Briseo, sacerdote di Apollo, proseguì la tradizione del padre, divenendo ella stessa sacerdotessa del Dio. Suo marito, Minete, re di Cilicia, morì per mano di Achille quando l'eroe prese d'assalto Limesso.

Briseide finì schiava e amante di Achille. La fanciulla divenne suo malgrado, la causa indiretta della disfatta finale troiana. Siamo nel primo libro dell'Iliade quando un tracotante Agamennone cacciò in malo modo dal campo il vecchio Crise, altro sacerdote di Apollo.

Questi era venuto a supplicare la restituzione di sua figlia Astinome (Criseide), schiava dello stesso Agamennone. Era un brutto periodo per l'esercito acheo, vittima di una pestilenza (voluta da Zeus) che aveva ridato coraggio ai troiani. Agamennone, rifiutando la richiesta di Crise, recò grave offesa ad Apollo.

Nottetempo, il Dio si piazzò tra le navi greche e iniziò a tempestare l'accampamento di divine frecce. Centinaia furono gli uomini colpiti. Agamennone dovette piegarsi al volere di Apollo, restituendo Criseide al padre. Ma il re di Micene "anima invereconda, anima avara" come lo definisce lo stesso Achille, si recò alla tenda dell'eroe per prendersi Briseide. Da notare la spavalderia nelle parole di Agamennone:

«Di quanti ei nudre regnatori abborro
te più ch'altri; sì, te che le contese
sempre agogni e le zuffe e le battaglie.
Se fortissimo sei, d'un Dio fu dono
la tua fortezza. Or va, sciogli le navi,
fa co' tuoi prodi al patrio suol ritorno,
ai Mirmìdoni impera; io non ti curo,
e l'ire tue derido; anzi m'ascolta.
Poiché Apollo Crisëide mi toglie,
parta. D'un mio naviglio, e da' miei fidi
io la rimando accompagnata, e cedo.»

Non pago, rincarò la dose:

«Ma nel tuo padiglione ad involarti
verrò la figlia di Brisèo, la bella
tua prigioniera, io stesso; onde t'avvegga
quant'io t'avanzo di possanza, e quindi
altri meco uguagliarsi e cozzar tema.»

Achille stava per estrarre la spada quando Atena lo tirò per "la bionda chioma": «Avrai riparo dell’ingiusta offesa. Tu reprimi la furia, ed obbedisci», le disse la Dea. Tutto sembrò tornare alla normalità ma da quel giorno Achille smise di combattere. «Cantami, o Diva, del Pelíde Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei» recitano i primi versi dell'Iliade.

I troiani infatti riportarono diverse vittorie. L'esito del conflitto era in bilico. Ma ancora una volta gli Dèi intervennero. Il buon Patroclo scese in battaglia indossando le armi del compagno Achille. Apollo lo avvolse in una nebbia, lo percosse e gli slacciò la corazza. Il giovane fu colpito da Euforbo e infine ucciso da Ettore. La morte di Patroclo spinse Achille alla vendetta.

La successiva morte di Ettore portò all'epilogo della guerra. E Briseide? Agamennone "ebbro e cane agli sguardi e cervo al core", la restituì ad Achille con copiosi doni. Ella pianse sul corpo di Patroclo. Pentito del gesto o costretto dalla necessità?

Lo scrittore Igino, riprendendo un mito successivo, racconta che Crise dovette riportare la figlia ad Agamennone. La ragazza si era innamorata del re acheo e aspettava persino un figlio. Solo a quel punto, Agamennone si liberò di Briseide. Di contro Ditti Cretese sostiene che Achille smise di combattere non perché irato per la sorte della fanciulla ma in virtù di un accordo con lo stesso Ettore. In ballo c'era il matrimonio con Polissena, la splendida figlia di Priamo ed Ecuba, di cui Achille si era perdutamente innamorato... ma questa è un'altra Storia.

A cura di Andrea Contorni

Note e bibliografia:
  • Il dipinto  "L'ira di Achille" è di Jacques-Louis David (1789-1851).
  • "I Miti Greci" di Robert Graves, Longanesi (2018).
  • "Olympos" di Giorgio Ieranò, Sonzogno (2018).