Persefone (Proserpina), la dea tra luce e ombra: il mito del rapimento

 

Dante Gabriel Rossetti, Proserpina (1874)

Persefone è una delle figure più affascinanti e simbolicamente dense della mitologia greca. La ritroviamo anche nel mito romano con il nome di Proserpina.

Per l'immagine principale di questo articolo ho scelto l'olio su tela di Dante Gabriel Rossetti. Realizzato nel 1874, è un dipinto che ritengo meraviglioso. Per motivi di formattazione dell'articolo, qui possiamo ammirare solo il primo piano di Persefone/Proserpina con in mano il frutto del melograno, parte determinante della storia che ruota intorno alla sua figura. Premetto subito che ritroviamo il mito greco del rapimento di Proserpina da parte di Ade traslato alla perfezione nella mitologia romana con Plutone e Proserpina al posto dei corrispettivi ellenici.

Persefone era figlia di Demetra, dea delle messi, dei raccolti e della fertilità, associata alle attività agricole, alle stagioni e alla legge sacra e di Zeus. Nelle fonti più arcaiche era chiamata Kore, "la Fanciulla", simbolo di purezza e potenzialità vitale. Solo dopo il celebre rapimento di cui fu vittima, assunse il nome di Persefone, legato a funzioni ctonie e regali. Sposa di Ade, era una dea regina degli Inferi, incarnando il mistero del ciclo vitale: nascita, morte e rinascita. Una fanciulla luminosa e al tempo stesso sovrana del mondo sotterraneo, un ponte sacro tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Questa sua duplice identità non era una contraddizione, ma il cuore stesso del suo mito. Persefone era la vita che nasce dalla terra e la vita che nella terra ritorna, rispettando in pieno la concezione greca dell'Oltretomba.

Il ratto di Persefone è raccontato dall'Inno Omerico a Demetra. Ma cosa sono questi Inni di cui parlo spesso? Si tratta di una raccolta di 33 componimenti greci antichi risalenti al VII-VI secolo a.C., tutti dedicati alle più importanti divinità elleniche. Furono attribuiti ad Omero fin dall'antichità perché scritti con lo stesso metro poetico dell'Iliade e dell'Odissea, l'esametro dattilico. Anche il dialetto è lo stesso, pertanto l'associazione con Omero è risultata facile anche se per nulla scontata. L'Inno a Demetra è importante perché introduce ai rituali dei Misteri eleusini e  racconta il rapimento che la povera Persefone subì da parte di Ade.

Meravigliata ella stese, per cogliere il dolce trastullo,
ambe le mani; e la terra, nell'ampia contrada di Nisa,
si spalancò, ne balzò, sui suoi corridori immortali,
il Dio figlio di Crono, che i defunti riceve;
e la rapì reluttante, piangente la trasse sul carro d'oro.
Levava quella, con gemiti acuti, la voce,
ed invocava il figlio di Crono, l'eccelso, il possente:
però, nessuno udì degli uomini il grido, nessuno
degli Immortali, delle sue vaghe compagne, nessuna.
(A Demetra - Inno. Traduzione di Ettore Romagnoli, 1914)

La ragazza stava raccogliendo fiori in un prato insieme alle figlie del titano Oceano. La piana fiorita ha diverse localizzazioni dibattute tra la Grecia e la penisola italica: Eleusi, Ermione, Feneo in Grecia, Cnosso a Creta, Hipponion (attuale Vibo Valentia in Calabria) per Strabone e Proclo Diadoco, la zona del Lago Pergusa presso Enna in Sicilia o alla base del Monte Nisa dalla discussa ubicazione. In ogni caso, dall'erba spunto un meraviglioso narciso. Appena Persefone si avvicinò al fiore, nel terreno si aprì una profonda voragine da cui emerse Ade sul suo carro oscuro. Il sovrano dell'Oltretomba, in un solo istante, afferrò la malcapitata e la trascinò con sé nelle profondità della terra, richiudendo la spaccatura come se nulla fosse accaduto. Dal mito del rapimento di Persefone, il narciso fu considerato un fiore bellissimo, profumato ma ingannevole, legato anche al sonno e alla morte. Negli Inferi, Ade offrì alla fanciulla della frutta. Persefone mangiò solo sei arilli di melagrana ignorando che chi consumava i frutti dell'Oltretomba era costretto poi a rimanervi per l'eternità. Ma l'euforico Ade non immaginava cosa sarebbe successo da lì a poco.
🔱 Approfondimento: le divinità dell’Oltretomba

Nel mondo greco l’Oltretomba non era un luogo di punizione, ma una dimensione necessaria dell’ordine cosmico. Persefone, come regina infera, ne è una figura centrale accanto ad Ade e alle altre divinità ctonie.

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Demetra, madre di Persefone, disperata per il rapimento dell'amata figlia, dopo averla cercata invano, esplose in una collera profonda. Abbandonò l'Olimpo e smise di fare i suoi doveri, provvedendo all'abbondanza delle messi e dei raccolti. Le conseguenze furono devastanti. Un inverno freddo e interminabile rese la terra sterile e ghiacciata. I campi non producevano più frutti e l'umanità, ridotta alla fame, rischiò l'estinzione. Demetra originò una crisi cosmica nella quale l'ordine del mondo si spezzò. Zeus, malvolentieri, fu costretto ad intervenire. Ordinò al fratello di restituire Persefone alla madre. In base alle versioni, Ade accettò l'imposizione di Zeus ma rimaneva da definire la vicenda della melagrana mangiata dalla fanciulla. Oppure, proprio in virtù dell'ordine di Zeus, Ade compì il gesto decisivo di offrire il frutto a Persefone ben sapendo di condannarla legandola per sempre al mondo di sotto.

In ogni caso, si raggiunse un accordo. Dato che la povera ragazza aveva consumato solamente sei chicchi di melagrana, Zeus decretò un compromesso: Persefone avrebbe trascorso parte dell'anno sulla terra con Demetra e parte nell'Oltretomba come sposa e regina accanto ad Ade. Da questa vicenda nacquero le stagioni così come noi le conosciamo. Quando Persefone era accanto alla madre, una felice Demetra assicurava agli uomini un clima mite o caldo e la floridezza dei raccolti (la primavera e l'estate). Al ritorno della figlia nell'Ade, Demetra cadeva prima nella tristezza (l'autunno) e infine nella disperazione. I campi si inaridivano segnati dal freddo e dal gelo dell'inverno. Pertanto il rapimento di Persefone non è solo un racconto di violenza divina, ma una grande allegoria del ciclo naturale di morte e rinascita. Il mito racconta anche una trasformazione interiore: Persefone non ritornava più come una semplice fanciulla. Dall'esperienza dell'Oltretomba emergeva come Regina, mediatrice tra vita e morte, luce e oscurità. Divenne pertanto una dea che conoscendo entrambi i mondi, ne custodiva l'equilibrio cosmico.

Elemento centrale del mito come abbiamo visto è la melagrana, frutto sacro che Persofone mangiò nell'Oltretomba. I suoi chicchi rossi sono simbolo di sangue, fertilità e indissolubile legame con gli Inferi. Mangiare la melagrana significava accettare una nuova condizione: Persefone non era più solo figlia, fanciulla spensierata, ma consorte e sovrana. C'è una versione del mito infatti che considera l'atto di Persefone di mangiare i chicchi rossi come volontario perché alla fine innamorata proprio di Ade o consapevole del suo nuovo ruolo di maturità. Il frutto rappresenta il patto con il mondo dei morti, anche l'accettazione di una responsabilità "adulta", infine la promessa della rinascita perché dal seme nasce sempre nuova vita.

A Eleusi, Persefone e Demetra erano al centro dei Misteri Eleusini, riti iniziatici tra i più sacri del mondo antico. Tra i simboli della dea, regina dell'Oltretomba, il serpente emblema di rinnovamento, la torcia come guida delle anime dei defunti, la melagrana ovviamente, il narciso (fiore del rapimento) e il grano, in continuità con il culto materno di Demetra. Per concludere, Persefone è un personaggio femminile dal fascino suggestivo. Non una vittima passiva ma una divinità della trasformazione. Il suo mito parla di crescita, di passaggio, di accettazione dell'ombra come parte integrante di un percorso esistenziale. È la dea che insegna che non esiste rinascita senza discesa, né luce senza attraversare il buio.

Articolo a cura di Andrea Contorni
Giornalista e divulgatore culturale.
Approfondimenti, libri e progetti su → andreacontorni.com

Note e bibliografia:
  • "I miti greci" di Robert Graves. Longanesi. 1992.
  • "Mitologia. Le epiche imprese di eroi e divinità". RBA Italia. 2017.

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