Molti artisti si sono cimentanti con questo bellissimo mito, realizzando opere pittoriche e illustrazioni di grande impatto visivo. Dai famosi dipinti di Jean-Léon Gérôme (poco sopra) e di Ernest Normand al disegno del celebre illustratore Boris Vallejo. Ovidio narra la storia di Pigmalione nel libro X delle "Metamorfosi". Egli era un abile scultore di Cipro.
Un tipo solitario che aveva scelto di non sposarsi perché disgustato dai vizi delle Propetidi, giovinette di Amatunte, colpevoli di aver negato la divinità di Afrodite. Pigmalione trovò rifugio nell'Arte, scolpendo nell'avorio una statua che potesse incarnare il proprio ideale di donna. La scultura era splendida... l'artista se ne innamorò.
La osservava per ore perdendosi in lei, la baciava, le toccava le dita nella speranza di avvertire un impercettibile movimento. Pigmalione onorava la sua creazione di vesti, gioielli e doni di ogni tipo. Di notte la adagiava sul letto per farla riposare. Venne il giorno della festa di Afrodite.
Egli si recò al tempio della Dea per compiere le offerte: «Se voi potete tutto, fate che sia mia moglie», disse con voce esitante. Afrodite ascoltò l'uomo e decise di fargli il più prezioso dei regali. Quello stesso giorno, Pigmalione baciò la statua distesa nel letto al suo fianco.
Le labbra gli sembrarono calde e anche il petto della scultura parve cedere al suo tocco. Ella prendeva lentamente vita e "sollevando alla luce gli occhi timidi, vide insieme il cielo e l’amante" (Ovidio). Afrodite fu presente alle nozze dei due e benedisse la bambina, frutto del loro amore, la bella e dolce Pafo "da cui l'isola ebbe il suo nome" (Ovidio).
La versione di questo mito narrata da Ovidio è elegante e raffinata. La divinità premia un uomo che, allontanando ogni eccesso e ogni empietà, ha trovato rifugio nella perfezione e nell'ideale dell'Arte, evadendo pertanto e consapevolmente da una realtà che non gli apparteneva.
Esistono varianti che stravolgono del tutto questo mito anche nel significato più profondo. Per Arnobio, retore e apologista cristiano (IV secolo) che riprese gli scritti di Filostefano (autore greco del III secolo a.C.), Pigmalione era il sovrano di Cipro oltre ad essere un abile scultore.
Non aveva tempo per l'amore, quasi lo disprezzava, convinto che nessuna donna reale potesse eguagliare la perfezione delle forme che lui stesso era in grado di plasmare. Egli passava gran parte del giorno lavorando a una particolare scultura di donna, il suo capolavoro.
Incorse nell'ira di Afrodite che volle punirlo, facendolo innamorare perdutamente della sua creazione d'avorio. La Dea si divertiva tantissimo nel vedere Pigmalione struggersi di passione per un qualcosa di inanimato. Ma ben presto Afrodite provò pietà e con un tocco delle sue mani, donò vita alla scultura che si trasformò in una meravigliosa fanciulla. Questa nel mito non ha nome. Autori del XVIII secolo decisero di chiamarla Galatea.
Vi lascio con il delicato racconto di Ovidio:
"...scolpì con arte mirabile il candido avorio,
e gli diede una forma con cui non può nascere nessuna donna,
e s’innamorò della sua opera.
L’aspetto è quello di una ragazza vera,
e si crederebbe che sia viva e voglia muoversi,
salvo il pudore; a tal punto l’arte nasconde l’arte.
La guarda e si consuma d’amore per il corpo finto."
A cura di Andrea Contorni
Note e bibliografia.
- Il dipinto "Pygmalion et Galatée" è di Jean-Léon Gérôme (1824-1904).
- "I Miti Greci" di Robert Graves. Longanesi Editore (2018).